DESTINAZIONE DELL'UTILE

LA DESTINAZIONE DELL'UTILE NELLE SOCIETA' DI PERSONE

Aggiornato al 29.03.2011

Nelle società di persone la destinazione dell’utile dell’esercizio deve essere effettuata tenendo conto di due ordini di criteri:

  • quelli stabiliti dalla legge;
  • quelli stabiliti dall’atto costitutivo.

Gli articoli del Codice civile che disciplinano la materia del riparto degli utili nelle società di persone sono diversi.

Alcuni di essi sono previsti espressamente nell’ambito delle società semplici, ma sono applicabili anche alle società di persone grazie al richiamo contenuto negli artt. 2293 e 2315 del Codice civile.

L’art.2293 prevede che la società in nome collettivo è regolata dalle norme ad essa relative e, in quanto queste non dispongono, dalle norme sulla società semplice.

Mentre l’art. 2315 stabilisce che alla società in accomandita semplice, quando non è previsto diversamente, si applicano le disposizioni relative alla società in nome collettivo.

Vediamo, allora, quali articoli del Codice civile disciplinano la materia del riparto dell’utile.


Innanzitutto l’art.2262 stabilisce che ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto. Lo stesso articolo prevede, però, la possibilità di un patto contrario tra i soci.

L’art.2263 prevede che le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti. Se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono uguali.
La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità.
Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite.

Il successivo art.2264 contempla la possibilità che la determinazione della parte di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite può essere rimessa ad un terzo.

Inoltre l’art.2265 considera nullo il cosiddetto patto leonino, cioè il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.

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Nell’ambito delle società di persone, all’art.2303, il Codice civile stabilisce che non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti. Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizioni di utili fino a che il capitale non sia stato reintegrato o ridotto in misura corrispondente.


Per quanto concerne i criteri stabiliti nell’atto costitutivo in merito alla distribuzione degli utili va ricordato che l’art.2295, che regola il contenuto di tale atto nelle società in nome collettivo, prevede che esso deve indicare, tra gli altri, anche le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite.


Generalmente, nelle società di persone, il riparto degli utili, viene effettuato tenendo conto:

  • della volontà dei soci di costituire una o più riserve di utili che non sono imposte dalla legge come nel caso delle società di capitali, ma possono essere previste dall’atto costituito o stabilite dai soci al momento del riparto degli utili;
  • della misura degli apporti dei soci. In genere, infatti, la quota di utili assegnata ad ogni socio è proporzionale alla quota di partecipazione al capitale sociale. A volte, si può tenere conto, oltre che dell’entità dell’apporto anche del momento in cui esso è avvenuto ad esempio se dei nuovi soci entrano a far parte della società quando l’esercizio è già iniziato;
  • del ruolo che rivestono alcuni soci nella società ad esempio può essere assegnato un utile maggiore ai soci che amministrano la società o che si assumono un rischio maggiore come, ad esempio, gli accomandatari delle sas.

 
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